Cross cultural analysis
L'analisi interculturale si occupa della comunicazione fra persone appartenenti a diverse culture e cerca di produrre alcuni modelli, o linee guida per semplificare tale comunicazione.
Il cross-cultural (o intercultural) management si fornire strumenti per gestire le differenze culturali, possibili fonti di conflitti e problemi nella comunicazione e nella negoziazione internazionale.
Ci sono oltre 200 Paesi e Stati-nazione riconosciuti nel mondo, ma le forti caratterizzazioni etniche e storiche all'interno degli Stati stessi fa si che il numero delle culture si elevi a circa 250. Per esempio, marcate differenze nei valori e nei comportamenti sono osservabili nel nord e nel sud di paesi come l'Italia, la Francia e la Germania; in altri Paesi coesistono gruppi con differente background storico culturale: è il caso del Regno Unito, con le sue due componenti celtica e sassone, o della Federazione Russa, con le sue numerose culture (tartara, finnica, cecena, ecc.) o delle Fiji, con le etnie indiana e polinesiane.
Il mondo delle multinazionali, di intenet, del mercato finanziario globale e dei rapidissimi spostamenti di persone e cose, impone che si sviluppi la capacità di interagire con successo con culture e sistemi di valori diversi. La formazione in ambito interculturale consente relazioni migliori e riduce il rischio di frantendimento e di incomprensione.
La necessità di una categorizzazione convincente è ovvia, poiché dovrebbe consentire di
1) prevedere il comportamento dell'interlocutore
2) chiarire i motivi di un dato comportamento
3) evitare di recare offesa o di entrare in conflitto
4) trovare terreni comuni per negoziare
5) standardizzare le politiche e le procedure
Il problema sostanzialmente è che è impossibile per chiunque, persona od organizzazione, conoscere e interpretare tutte le diverse culture con cui è possibile entrare in contatto. D'altra parte l'esigenza di interagire è primaria.
Gli studi di problemi interculturali si sono confrontati con questo problema per decenni: alcuni schematizzando le culture sulla base di considerazioni geografiche, altri sulla base delle tradizioni religiose, altri della razza. Tutte queste schematizzazioni sono risultate fuorvianti.

Cohen, 1997)
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"Culture is therefore something shared by all or almost all members of some social group, something older members of a group try to pass on to younger members, and something (as in the case of morals, laws, and customs) that shapes behavior, or structures one’s perception of the world." (Alder, 2002)
Nella comunicazione il messaggio viene trasmesso attraverso diversi canali:
- verbale (informazione attraverso il codice esplicito della lingua)
- paraverbale (caratterizzazione del messaggio dato dall'utilizzo della voce: timbro, tono, pause e volume)
- non verbale (linguaggio del corpo - espressioni, sguardo, gestualità, postura, prossemica, aptica
Secondo Watzlawick, le parole esprimono il contenuto della comunicazione, il linguaggio paraverbale e non verbale esprimono la relazione fra i comunicanti.
Un ulteriore aspetto della comunicazione riguarda la metafora. La metafora e il racconto metaforico consentono di superare i limiti del linguaggio logico, creando stati diversi: curiosità, motivazione o fiducia.
Gli stili di comunicazione si definiscono high context, dove gli aspetti non verbali della comunicazione e l'uso di metafore costituiscono la maggior parte dell'informazione, e low context, in cui la trasmissione della maggior parte dell’informazione attraverso il codice esplicito della lingua.
L'alta contestualizzazione è ridondante, calda, enfatizza la relazione rispetto all'informazione (esempio: comunicazione familiare o tra amici). La bassa contestualizzazione è lineare e diretta (esempio: confronto formale tra due legali, due politici o due amministratori che scrivono un regolamento)
"Ho verificato una volta in un gruppo di studenti americani e di altre nazionalità un esempio di stile diverso.
Chiesi quali erano le forme tradizionali di corteggiamento e gli americani risposero tutti con delle frasi abbastanza concise che avevano delle connessioni esplicite con la domanda.
Quando però intervenne uno studente nigeriano, cominciò a descrivere il sentiero che attraversava il suo villaggio, l’albero alla fine del sentiero, il cantastorie che raccontava seduto sotto quell’albero e l’inizio di un racconto che una volta il cantastorie narrò. Quando, in risposta all’ovvio disagio degli americani nel gruppo, chiesi al nigeriano che cosa stesse facendo egli disse, “Sto rispondendo alla domanda”.
Lo stile descritto da questo studente è uno stile di discussione circolare, o contestuale. Viene preferito non solo da molti africani, ma anche solitamente da gente di cultura latina, araba e asiatica.
Gli europei-americani, soprattutto maschi, tendono a usare uno stile lineare seguendo una scaletta di punti a,b,c…, stabilendo una connessione e una conclusione esplicita. Quando qualcuno devia da questa scaletta, è possibile che l’interlocutore dica: “Non riesco a seguirti” oppure “Possiamo arrivare al punto?” o “Qual è la questione di fondo?”.
Questa modalità di argomentare la discussione è culturalmente specifica e, in relazione a un approccio contestuale, può risultare semplice e grossolana per la mancanza di dettagli necessaria a identificare il contesto, e arrogante perché chi parla decide cosa bisogna ascoltare e quali le conclusioni da trarre. Viceversa in una cultura a basso contesto, non venire mai al punto può risultare vago, evasivo, illogico o irritante." (Bennett)
Geert Hofstede: le sei dimensioni
Secondo Hofstede la cultura è la programmazione collettiva della mente che distingue i membri di un gruppo o di una categoria di persone dagli altri. Con una metafora molto azzeccata Hofstede la chiama anche software della mente. La cultura non è innata bensì è appresa: essa deriva dal contesto sociale in cui uno cresce, soprattutto nei primi anni di vita.
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Il nucleo di ciascuna cultura è costituito dai VALORI, ossia dall'insieme degli elementi e delle qualità morali e intellettuali che sono generalmente considerati il fondamento positivo della vita e della società.
Attorno al nucleo dei valori si stratificano alcuni strati che comprendono le PRATICHE sociali. Le pratiche sono visibili per altre culture (es.: un modo di vestire, la cerimonia del te, il modo di intendere il tempo, gli stili di comunicazione, la competitività...) ma il loro significato profondo rimane nascosto e risiede nel nucleo dei valori di ciascuna cultura.
 <b>Distanza dal potere</b>
<br />Per distanza dal potere si intende la misura in cui gli individui meno potenti di un’organizzazione accettano che il potere sia distribuito in misura diseguale al suo interno. Questo concetto sottintende che il livello di disuguaglianza esista in funzione del livello di accettazione dei follower più che dalla capacità di imposizione dei leader.
<br />Bassi punteggi di distanza dal potere significano che una cultura si aspetta e accetta che le relazioni di potere siano democratiche e che i membri siano visti come eguali. Punteggi alti di distanza dal potere significano che i membri meno potenti della società accettano la loro condizioni e prendono atto dell’esistenza di posizioni gerarchiche formali.
<br />In termini manageriali, una cultura che ha elevata distanza dal potere (come per esempio quella latino americana, o spagnola o francese o gran parte di quelle asiatiche) preferisce le burocrazie gerarchiche, leader forti ed ha un elevatissimo rispetto per l’autorità; i capi sono temuti e rispettati e tendono and avere uno stile paternalistico o autoritario, i subordinati tendono a non mettere in discussione le richieste a loro fatte. Al contrario, una cultura che ha una bassa distanza dal potere (per esempio quella americana, inglese e quelle del resto d’Europa) tende a favorire la
<br />responsabilità personale e l’autonomia; gli stessi capi tendono ad usare con i loro collaboratori stili più improntati alla consultazione e alla partecipazione.
<br />Lo stesso autore conia un’espressione ormai molto nota e cioè che un manager che opera in ambiti internazionali sa che “tutte le società sono diseguali, ma alcune sono più diseguali di altre”.
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<br />2) <b>Individualismo contro Collettivismo</b>
<br />La seconda dimensione è l’individualismo, contrapposto al collettivismo (termine qui inteso non in accezione politica).
<br />In alcune società esistono un senso della collettività e dei legami interpersonali più forti (ne sono esempi Corea, Grecia, Messico, Giappone etc…), in altre ci si attende che un individuo sia in grado di badare da solo a se stessa e alla propria organizzazione o famiglia (Francia, Germania, Canada, Sud Africa etc…). Ove prevale la logica collettiva, l’individuo cresce all’interno di gruppi coesi, numerosi e protettivi, in cambio principalmente di fedeltà.
<br />In termini manageriali, in società con basso livello di individualismo le esigenze ed i meccanismi del gruppo prevalgono su quelli individuali; ove il livello di individualismo è alto, la libera volontà e l’iniziativa del singolo sono accettate e motori di sviluppo o cambiamento.
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<br />3) <b>Mascolinità contro femminilità</b>:
<br />La quarta dimensione è la mascolinità, contrapposta alla femminilità. L’autore si riferisce alla distribuzione dei ruoli all’interno dei sessi, addentrandosi nell’analisi di valori quali la modestia e l’assertività (polo femminile) o la competitività (polo maschile).
<br />In ambito manageriale, la considerazione più interessante è che una cultura maschile enfatizza lo status (che deriva per
<br />esempio dalla posizione e dal salario), mentre una cultura femminile ha maggiore attenzione per lo sviluppo delle umane e la qualità della vita. Dove i valori “femminili” sono importanti (per esempio Svezia, Israele, Danimarca, Indonesia etc…) le persone tendono a ricercare una buona relazione di lavoro con i propri capi, si trovano più a proprio agio con modelli cooperativi, vogliono poter essere fedeli all’organizzazione (anche per tutta la vita) e pongono attenzione all’ambiente di lavoro (sia aziendale, sia come “area” circostante). In paesi con un indice di mascolinità più alto (Usa, Giappone, Italia, Honk Kong etc…) gli individui cercano principalmente la remunerazione per il proprio impegno, opportunità di carriera e di accedere a posizioni migliori, incarichi più impegnativi e difficile come fonte di soddisfazione.
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<br />4) <b>Rifiuto dell’incertezza</b>
<br />La terza dimensione è il rifiuto dell’incertezza, cioè la misura in cui i membri di un’organizzazione si sentono minacciati da situazioni sconosciute. L’autore definisce le “situazioni destrutturate” delle quali si può aver paura come nuove, sconosciute, sorprendenti, diverse dal solito. Le culture che hanno un elevato rifiuto dell’incertezza cercano di minimizzarne il rischio attraverso leggi e regole, però dall’altro lato possono essere molto energetiche perché spinte proprio dall’energia nervosa che si libera nel relazionarsi con l’incertezza. Al contrario, le culture che accettano maggiormente l’incertezza sono più tolleranti circa opinioni diverse e tendono a darsi regole meno rigide, sono più flemmatiche, contemplative e le persone non esprimono facilmente le loro emozioni.
<br />Dal punto di vista manageriale le organizzazioni che rifiutano l’incertezza cercano di enfatizzare la standardizzazione e la sicurezza del posto / ambiente di lavoro, mentre quelle non la temono accettano più facilmente il rischio e sono più aperte all’innovazione.
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<br />5) <b>Orientamento a lungo termine contro orientamento a breve termine</b>: Questa dimensione descrive l’orizzonte temporale di una società. Le culture con orientamento a breve termine apprezzano i metodi tradizionali, dedicano una notevole quantità di tempo alla formazione di relazioni e in genere hanno una visione circolare del tempo. Questo fa sì che passato e presente siano interrelati e che ciò che non può essere fatto oggi può essere rinviato a domani. All’opposto si trova l’orientamento a lungo termine, in cui si vede il tempo come lineare e si guarda al futuro più che al presente o al passato. È un atteggiamento mirato al risultato, in cui si da valore alle ricompense ottenibili.
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<br />6) <b>Indulgenza contro controllo</b>
<br />Questa dimensione misura la capacità di una cultura nel soddisfare i bisogni immediati e i desideri personali dei suoi membri. Chi da importanza al senso di controllo ha regole e norme sociali rigide, sotto cui la soddisfazione degli impulsi è regolata e scoraggiata.
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<br /><a href=)
Hofstede, Geert "Cultures and Organizations: Software of the Mind", 1997 (trova su Amazon)
Richard Lewis: Cross cultural model
Lewis espande i concetti di "high context" e "low context" a quelli più espliciti di "orientato al rapporto interpersonale, al dialogo" e "orientato alle informazioni, al compito". Rilevando come gran parte della cultura asiatica sia fortemente orientata alle tecnologie dell'informazione, ma al contempo sia dotata di una grande capacità di networking, ha aggiunto una terza categoria, definendola "cultura dell'ascolto".
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Il modello di Richard Lewis classifica quindi le culture in tre gruppi
lineare-attivo
multi-attivo
reattivo
Lewis, Richard "When cultures collide, Leading across cultures", 1996 (trova su Amazon)
Ogni cultura ha le sue peculiarità e le sue diosincrasie (il concetto di "faccia" cinese, l'"onore messicano", il senso di superiorità francese, il "sogno americano"...)
Ci sono tuttavia similarità sottese fra i membri di ciascuna società lineare-attiva, come fra quelli di una società multiattiva o reattiva.
Quando i membri di differenti categorie interagiscono tra di loro sono più le differenze che le somiglianze.

Alcuni di questi buchi neri hanno origine nelle religioni, altri sono generati dallo stato, altri si trasmettono fin dagli inizi della storia umana. Alcuni esempi: il Sogno americano, la sindrome Tall poppy australiana, la polarizzazione della società inglese, la convinzione francese della superiorità intellettuale della Francia, l'ossessione giapponese per il concetto di "faccia", la sensibilità messicana per l'onore nazionale. l'odio inguaribile fra Greci e Turchi, la costante diffidenza dei russi per gli stranieri, la ferita inguaribile degli ebrei per l'olocausto...
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HOME5 Nov 2019 -- Written by
SA Staff