Intelligence: fra preconcetto e cultura del futuro
Parlare di raccolta di informazioni su un avversario, al fine di stabilire una corretta strategia bellica e di contribuire in modo determinante al risparmio di vite umane, riconduce inevitabilmente al famosissimo testo di Sun Tzu: 孫子兵法 (l'Arte della Guerra). Si tratta del più antico testo di arte militare esistente (VI secolo a.C. circa) ed ebbe una grande influenza anche nella strategia militare europea. È una raccolta di regole e indicazioni di comportamento che trovano applicazione a molti aspetti della vita, estendendosi all'ambito dell'economia e della conduzione degli affari.
Secondo la definizione che ne fornisce Francesco Cossiga, l'intelligence è "la raccolta di ogni tipo di informazioni, notizie, documenti e materiali che interessano la formulazione e l'esecuzione non solo della politica militare, ma anche della politica estera, della politica economica e della politica finanziaria del Paese, nonché la difesa da pericoli esterni di aggressioni contro la sicurezza dello Stato ed il benessere civile, economico e sociale della sua comunità" (Prefazione a
R.D. Steele, Intelligence. Spie e segreti in un mondo aperto)
Mario Caligiuri in un articolo sul rapporto fra intelligence e università pubblicato da
"Per Aspera ad Veritatem" gen/apr 2003 afferma che "per decidere bisogna conoscere, e non solo quanto avviene nel giardino di casa, ma anche quello che si agita nel mondo. Ne consegue che l'intelligence è una necessità inevitabile della globalizzazione (...) Cultura dell'intelligence altro non è che cultura della conoscenza e di come questa non solo si utilizza ma si crea."
Dati, informazioni, conoscenza, scelte, strategie costituiscono la dimensione dell'intelligence.
E, a ben vedere, l’elaborazione delle informazioni finalizzata ai processi decisionali costituisce (o almeno dovrebbe costituire) l’esperienza costante delle singole persone, delle organizzazioni, delle imprese, oltre che degli Stati. Nel mondo globalizzato, complesso, ridodante di dati e informazioni, ricco di opportunità e pervaso da minacce l'intelligence assume una rilevanza straordinaria diventa la chiave della realtà: diventa cultura.
Il termine stesso di "intelligence" fa riferimento a significati diversi che solo in parte si sovrappongono:
1) "Intelligence" è l'
apparato dei Servizi di sicurezza di un Paese
2) è la
raccolta di informazioni finalizzata alla sicurezza nazionale
3) è l'attività
"scientifica" di raccolta ed elaborazione di informazioni che supporta il processo decisionale in qualsiasi ambito
In Italia il termine "intelligence" suscita spesso imbarazzi e diffidenze, a differenza di quanto accade in altri paesi occidentali (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania), in cui l'attività di intelligence è ampiamente diffusa sia in ambito pubblico che privato, sia dalle strutture preposte alla difesa dello stato che dai team di analisi all'interno delle imprese, ed è insegnata nelle università e oggetto di formazione per professionisti e aziende.
La percezione che il comune cittadino ha del mondo dell'intelligence è spesso inconsapevolmente influenzata e distorta dalle suggestioni provenienti dalla letteratura, dal cinema e dalla stampa, che raramente ne forniscono una rappresentazione fedele. Altrimenti viene identificata con lo spionaggio e le congiure di palazzo.
Queste idee, lontanissime da una vera cultura della difesa e della sicurezza nazionale, di cui l'intelligence costituisce una componente essenziale, sono in parte dovute alle modalità dell'evoluzione storica del Paese, frutto più del grande slancio ideale del Risorgimento e delle abili strategie di Cavour che non dell'azione sistematica di forze armate regolari, efficienti e ben addestrate (
C. Scajola, Servizi Segreti verso la riforma, in: "Gnosis" 1/2007).
Per altro verso derivano da una interpretazione ideologica della storia successiva al 1945, secondo cui i Servizi di Sicurezza presidierebbero una sorta di Stato sotterraneo che avrebbe sempre determinato le decisioni delle Istituzioni democratiche, per impedire alle sinistre di conquistare il potere. Interpretazione dovuta anche al fatto che fino al 1989 il Paese è stato scenario di scontro fra i servizi segreti esteri, KGB da una parte, CIA dall'altro.
Al fraintendimento contribuisce poi il debole senso civico italiano, che antepone lo scontro ideologico e logiche di potere di parte alla superiore istanza del valore dello Stato, che tanto compromette la stabilità politica, l'efficacia governativa, lo sviluppo economico e la considerazione in ambito internazionale. Notava Winston Churchill: "L’Italia perde una partita di calcio come se fosse una Guerra e perde una Guerra come se fosse una partita di calcio".
La scarsa lungimiranza di una classe dirigente, focalizzata sulla gestione quasi "domestica" di qualsiasi vicenda interna o internazionale, legata a personalismi e giochi di potere, priva di una capacità di visione ampia del ruolo italiano nel mondo, ha inciso non poco sul modo in cui la politica ha vissuto la missione dei Servizi, sulle domande che ha loro rivolto, sul personale che ha cercato di infilarci, sulle lealtà che ha privilegiato al loro interno. Questo problema confina con una presenza della criminalità organizzata ha condizionato e condiziona interi territori del Paese, frenandone lo sviluppo e limitando l'attività delle istituzioni.
A differenza di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, in Italia è mancata (ed è ancora scarsissima) l'offerta formativa di livello universitario per la gestione della cosa pubblica, e quindi anche della sua tutela.
Oggi il concetto di intelligence e la pratica dell'analisi della stessa devono assumere un respiro molto più ampio, per diventare cultura capace di interpretare un flusso di dati e informazioni che non ha precedenti e che esige scelte sempre più rapide efficaci e precise, da un lato e la capacità di anticipare crisi e difendere la sicurezza. Cultura necessaria agli scenari ampi delle persone, delle organizzazioni, delle imprese.
A.G.22 Jan 2017 -- Written by
SA Staff